(Ph © Viktor Stoilov| Dreamstime.com)

È stato pubblicato da Carocci il libro “Storia dell’immigrazione straniera in Italia. Dal 1945 ai nostri giorni”, scritto da Michele Colucci, ricercatore dell’Istituto di studi sulle società del Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Issm). 

L’immigrazione straniera in Italia non si può più definire un fenomeno recente. All’inizio del 2018 gli stranieri in Italia sono in tutto 5 milioni e 68mila e tale presenza discende da una lunga catena di eventi, di flussi, di movimenti. Già subito dopo la fine della seconda guerra mondiale gli arrivi di profughi, studenti e persone provenienti dalle ex colonie avevano determinato flussi di ingresso. Alla fine degli anni sessanta del Novecento inizia a manifestarsi un fenomeno nuovo: lavoratori e lavoratrici stranieri giungono in Italia per cercare un’occupazione. Uno dei primi movimenti significativi è quello proveniente dalla Tunisia e diretto in provincia di Trapani, che comincia proprio nel 1968, esattamente 50 anni fa: i tunisini inizialmente sono reclutati per lavorare sui pescherecci di Mazara del Vallo. Nello stesso periodo riscontriamo anche il radicamento dell’immigrazione delle donne, inizialmente dirette prevalentemente verso il settore domestico, come nel caso delle lavoratrici capoverdiane.

I dati sui censimenti rivelano una notevole crescita dell’immigrazione nel ventennio 1991-2011: si passa dalle 356.159 persone straniere del 1991, alle 1.334.889 del 2001, alle 4.029.145 del 2011. Un incremento costante che si è tuttavia interrotto negli anni successivi alla crisi economica scoppiata nel 2008. Se nel corso del 2010 in Italia venivano rilasciati 598.567 permessi di soggiorno a cittadini non comunitari, ad esempio nel 2016 la cifra scendeva a 226.934. La storia dell’immigrazione si può leggere anche attraverso la crescita delle acquisizioni di cittadinanza, che nonostante le norme restrittive presentano un progressivo aumento: nel 2002 erano 12.267, nel 2016 201.591.

Le peculiarità dell’immigrazione in Italia possono essere ricondotte a sette grandi caratteristiche: la pluralità eccezionale delle provenienze; l’equilibrio tra donne e uomini, con una costante tendenza a favore delle donne; la diffusione articolata sul territorio e nei comparti produttivi; la tendenza da parte delle istituzioni a gestire il fenomeno attraverso le periodiche sanatorie, almeno fino agli anni della crisi più recente; la difficoltà da parte delle classi dirigenti a governare i flussi di richiedenti asilo, riconosciuti come tali in modo compiuto solo nel 1990 con la legge Martelli; il protagonismo pubblico degli immigrati stranieri, protagonisti fin dagli anni ottanta di movimenti finalizzati alla tutela e all’allargamento dei propri diritti; la diffusione di una notevole conflittualità riconducibile allo scontro tra razzismo e antirazzismo.

L’immigrazione straniera in Italia si può inoltre suddividere in quattro grandi stagioni. La prima va dagli anni dell’immediato dopoguerra alla fine degli anni sessanta: i movimenti sono riconducibili essenzialmente al lavoro domestico, alle ex colonie, agli studenti universitari e ai profughi. La seconda va dagli anni settanta al 1989: iniziano a essere significativi i flussi di lavoratori e lavoratrici; il Censis nel 1978 stima una presenza di stranieri di poco inferiore al mezzo milione di persone. La terza fase occupa il periodo che giunge fino alla crisi del 2008. Nel 1989, con l’omicidio di Jerry Masslo e la caduta del muro di Berlino, inizia una nuova stagione, caratterizzata dall’apertura delle frontiere a est con l’arrivo prima degli albanesi e poi dei rifugiati dalla ex Jugoslavia, e dall’irruzione del tema nel dibattito politico, con l’approvazione nel 1990 della prima legge organica, la Martelli. Successivamente i flussi di ingresso crescono e si diversificano fino a raggiungere nel decennio successivo un’incidenza che ci avvicina ai paesi europei che avevano conosciuto flussi significativi già nel corso degli anni cinquanta-sessanta. L’ultima fase coincide con il decennio successivo alla crisi del 2008, segnato dal ridimensionamento complessivo della crescita dell’immigrazione e dal cambiamento delle motivazioni alla base dei nuovi arrivi: meno permessi di soggiorno rilasciati per lavoro e più permessi rilasciati per asilo politico e protezione umanitaria. La crisi economica internazionale e i nuovi conflitti nel Mediterraneo e in Medio Oriente hanno inciso notevolmente in modo convergente sui movimenti migratori diretti in Italia.

Il volume è costruito grazie all’intreccio di testimonianze, dati statistici, resoconti del dibattito politico, cronache giornalistiche. Viene dato spazio alla crescita delle seconde generazioni, all’inserimento scolastico, alle trasformazioni del mondo del lavoro e dell’impresa, alla letteratura: andando oltre le emergenze della cronaca si può ricostruire una trasformazione epocale della società italiana.


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