In Irpinia maestosi cerri e grandi castagneti contrappuntano un territorio intervallato da piani carsici ideali per il pascolo (Ph Olha da Dreamstime.com)

Febbraio, Agosto, Ottobre. Scegliete uno di questi mesi e lasciate da parte la metropolitana di Napoli e le coste frastagliate della Campania, per preferire l’aria frizzante e i contrasti montani dell’Alta Irpinia. Sarà il  periodo giusto per scoprire e assaporare uno dei momenti salienti di un paese cresciuto nella leggenda,  avvolto dal sapore dei vitigni e delle castagne. 

Montemarano, appisolato sulla sinistra dell’alto corso del fiume Calore vive da oltre 2000 anni. Secondo lo storico Appiano d’Alessandria il borgo fu fondato da Mario Egnazio, guerriero sannita irpino capace di infliggere durissime perdite all’esercito romano durante le guerre italiche. Fortezza inaccessibile per i barbari, grazie alla sua posizione naturale difesa da precipizi e burroni e da un castello, Montemarano nel 1059 divenne sede vescovile e nel 1138 fu assaltato da Ruggero II il Normanno, duca di Calabria e di Puglia. Il massacro perpetuato dal normanno portò alla distruzione di numerose testimonianze storiche del paese, tra le quali molte relative al cittadino vescovo Giovanni (poi divenuto Santo), strenuo protettore dalle prime invasioni barbariche e acuto agronomo del territorio.   

Dell’età medioevale rimane ancora oggi visibile il castello, orgoglio della cittadinanza che attraverso l’associazione etno-culturale Pro Montemarano, la sezione dell’Archeoclub irpino presieduta da Ilenia D’Oria e la sincera passione del parroco Don Mauro Perullo e di volontari come Renato Gallo, si pone come fulcro di una valorizzazione storica, architettonica e culturale che affonda le radici nella naturale bontà del territorio.    Raggiungibile facilmente grazie alla rete viaria dell’Ofantina e dell’Ofantina-bis, in poco più di un’ora è possibile lasciarsi alle spalle gli stupendi tramonti sul Tirreno per raggiungere gli 820 metri sul livello del mare e sdraiarsi su colline tappezzate da vigne o all’ombra di castagni secolari.    Il borgo ha subito importanti danni nel sisma che lo colpì duramente nel 1980 inducendo una nuova pianificazione urbanistica in quella che all’epoca era considerata una zona periferica del paese. Oggi però tutto il centro storico è tornato all’antico splendore, con sapienti interventi che negli anni hanno saputo mantenere intatta l’antica struttura architettonica.   

Il labirinto viario del nucleo storico meriterebbe una visita “a prescindere”, meglio se fatta nei giorni del Carnevale, acclamato appuntamento che da secoli attira migliaia di persone nel centro irpino. Considerata la più importante manifestazione folkloristica del luogo, il carnevale montemaranese si distingue dalle tante altre manifestazioni similiari per la genuina spontaneità che pervade tutto il paese, capace di esplodere di gioia e di divertimento. Dai più piccoli ai più anziani partecipano fattivamente travestendosi e lanciandosi nella danza della “tarantella montemaranese” girando a mo’ di processione per le strade del centro.   

La festa, nel paese inizia in realtà il 17 gennaio con Sant’Antonio Abate, per poi terminare la domenica successiva alle ceneri con “Carnevale morto”. La particolarità di tale festa ha indotto numerosi emigrati a rivivere l’atmosfera nei propri luoghi di residenza e New York, da anni, ospita la vivacissima attività dei fratelli Mariano e Generoso D’Agnese (un gruppo di musicisti della tarantella si esibì a Times Square nel 2009, il Bronx ha ospitato diversi sodalizi folkloristici).   

Percorrere in tutta allegria le strade di Montemarano aiuta ad apprezzare al meglio anche i luoghi storici del borgo. Nel paese che ebbe come governatore Gian Battista Basile, considerato un grande poeta dialettale e autore de “Lo cunto de li cunti trattenimento de le peccerille” (definito da Benedetto Croce il più antico, più ricco e più artistico fra i libri di fiabe popolari), le tradizioni popolari camminano di pari passo con la devozione cristiana.   

Chi decide di visitare il paese irpino in estate, potrà farlo nella seconda metà di agosto, quando nello spazio di pochi giorni vanno in scena la festa dell’Emigrante e del Bosco” (17 e 18 agosto) e  la  solenità del patrocinio di San Giovanni (dal 20 al 22 agosto), in un ideale percorso capace di unire la gioia per i conterranei che vivono nel Mondo, l’amore spontaneo per la selva ubertosa e la fede nell’eroe e patrono cittadino.  

Importante tappa del percorso è rappresentata  dalla visita al Museo dei Parati Sacri, allestito nell’ex Chiesa del Purgatorio,  in Piazza Mercato. Il museo presieduto da Concetta Corso, costituisce uno dei primi esempi in Italia meridionale di raccolta e catalogazione di paramenti sacri e ospita tra gli altri, il parato del vescovo Celestino Labonia (1670–1720), le donazioni di Papa Benedetto XIII in occasione dell’anno giubilare 1725 ed un vestito della Madonna del sec. XVII di manifattura siciliana.   

Inaugurato nel 2002, grazie all’impegno dei volontari dell’associazione culturale “Hyrpus Doctus” il museo etno-musicale (presieduto da Luigi D’Agnese e diretto da Patrizia Di Dio) rappresenta un’altra fermata obbligatoria nella scoperta del centro irpino. Il museo è dedicato a grandi interpreti della tarantella locale e raccoglie numerosi strumenti musicali legati alla danza conosciuta a livello mondiale (l’etnomusicologo americano Alan Lomax  scriverà di aver ritrovato nel paese una intensità espressiva arcaica e primordiale, molto vicina allo spirito del blues americano) nonché costumi tradizionali legati al Carnevale.  

Maestosi cerri e grandi castagneti contrappuntano un territorio intervallato anche da piani carsici ideali per il pascolo.  La scoperta del territorio  montemaranese passa quindi attraverso i paesaggi naturali e i prodotti della natura. Il paese fa rima, con il suo toponimo, con una rinomata cultivar di castagna (albero che copre 81 ettari boschivi del comune), considerata dal Ministero delle politiche agricole prodotto agroalimentare tradizionale italiano. Funghi (porcini, gallinacci, ovuli, chiodini), fragole e lamponi permettono di apprezzare al meglio il maestoso scenario della Natura di questo angolo di Alta Irpinia capace di far spaziare lo sguardo dal Gran Sasso abruzzese alle pianure pugliesi.   

L’attività zootecnica, concentrata in alcune contrade (Macchia del Monte, Ss. Giovanni e Paolo) permette di degustare ottimi prodotti caseari tra i quali vanno segnalati i bocconcini, i provoloni e la rinomata scamorza. Salami, prosciutti e soppressate rappresentano un altro punto di forza di un settore che vanta però quale fiore all’occhiello la viticoltura.   

Montemarano è inserita nella Docg (denominazione di origine controllata e garantita) del “Taurasi”, uno dei grandi vini italiani più adatti al lunghissimo invecchiamento. Il vino, ottenuto dalla vinificazione dell’aglianico, viene esaltato dalla Sagra che in ottobre, da oltre 25 anni, richiama migliaia di persone nel borgo sannita. Particolarissima la produzione di uva bianca denominata “coda di volpe”, che da qualche anno impegna i viticoltori in una nuova affascinante avventura permettendo al viaggiatore di accompagnare con un ottimo vino la degustazione della cucina locale.   

“Maccaronara”, “Scecolatielli e iormano” “Cecaluccoli”, “lachene e ciciri” si presentano come ottimi primi piatti di una cucina tipica incentrata su prodotti strettamente locali. Arrosti di agnello e di maiale, scamorza, “pollastro mbottito”, “panzetta c’àmbuttitura” arricchiscono l’offerta di secondi piatti che però trovano nei “Mugnitielli” (interiora di agnello arrotolate) la pietanza per eccellenza della cucina montemaranese.  Da assaggiare senza indugio, per ripartire carichi di un’esperienza indimenticabile nella scoperta dell’Italia d’amare.    


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