Chili peppers and cheese are among the most famous products of Cilento (Photo: Francesco Vignali/Dreamstime)

One of the regions of Italy from which many emigrants left in search of a better life is Campania, especially its southern rural areas, characterized by small villages that have greatly diminished in size but are still rich in culture, charm, and stories.

One such mysterious and bucolic place is called Cilento: let’s find out more about it!

If we think of Campania, our thoughts quickly go to Capri, Sorrento, or Positano; their sheer beauty is dazzling and first thought of on one’s itinerary. Yet, if we go further south across the gulf, we’ll find Cilento, a beauty beyond beauty, as unexpected as it is fascinating. Cilento stretches from the southern province of Salerno to the border with Basilicata/Lucania. From the Tyrrhenian coast to the hinterland, we find rivers and valleys, rugged peaks like the Cervati, and rolling hills on the coast, all the way down to the caves of Pertosa and Castelcivita.

Sky, sea, land.

The National Park of Cilento, Vallo di Diano and Monti Alburni is the second national park in prominence in Italy, for its expanse and for the extraordinary richness of biodiversity and native species. The park is wonderfully represented by its symbols: the otter, which here finds the right conditions for life; or the primula Palinuri, a flower coloring the cliffs overlooking the sea in delicate yellow. Its name acknowledges its proliferation in the area of Palinuro, one of the southernmost pearls of Cilento.

The Diano Valley is a fertile plateau extending about 450 meters above sea level, right at the border with Basilicata. The Monti Alburni is an imposing massif located further north, near Salerno, consisting of limestone and dolomite rocks, which give the landscape an even more striking appearance. The word “Alburni” derives from alburno, white, which indicates the light color of the rock, due to its geological nature. 

The etymology of the word Cilento comes from the Latin Cis Alentum, a town on “this” (“cis”) side of the Alento River, or perhaps from the Greek Cir Alintos, a town overlooking the Alento River. History tells us that the area saw the presence of both the Greeks and the Romans; in particular, the ancient Greeks settled on the coast and founded Poseidonia (today known as Paestum) and Elea (today known as Velia), both part of Magna Graecia.

The second temple of Hera, in Poseidonia, Paestum (Photo: Alexirina27000/Dreamstime)

 For the inhabitants of the area, however, Cilento simply means lento (slow), as in living life without hurry. This is because time seems to have no great importance here, it flows at a different speed. Indeed, time is better understood by exploring sleepy villages and enjoying quiet landscapes, or by observing those who have always lived here; it can be enjoyed in all those corners where you can hear the wind, and nature still reigns supreme in all its wild beauty. Perhaps this is the reason why Cilento has joined UNESCO’s MAB (man and biosphere) world network, which includes protected areas where man, with his activities, maintains a balance with nature. In the end, isn’t “harmony between man and nature” the ultimate goal of creation? 

But culture is important, too. To better understand the cultural, social, and human reality of Cilento one must consider that, in past centuries, the coast was inhabited by the Greeks but the rugged inland areas were dominated by the Lucanians, a belligerent Italic race with a profoundly different cultural heritage. The contrast between inland areas and the coast is still tangible when exploring Cilento far and wide, and discovering its priceless artistic and historical treasures, its ancient towns, its churches and monasteries, including the famous Certosa di Padula. At the same time, one cannot fail to appreciate the “rural” soul of the place, with its deeply rooted peasant tradition: one cannot ignore that this was once a land of emigrants. Walking through some of its villages — sometimes dilapidated, often orphaned of most of their inhabitants — one realizes that the faces of those still here tell a story. 

And so everything in Cilento is surprising, from its medieval frescoed cloisters that embellish tiny hamlets lost in the middle of nowhere, to the animal troughs from the last century that prop up the streets and squares; from the ghost villages, sometimes guarded by a single, fearless inhabitant, to the numerous ultra-centenarians, living proof of how healthy the Mediterranean diet, which was first studied here, is. 

A child in a typical Cilento costume (Photo: Giovanni Abbruzzese/Dremastime)

That’s why I’ve always found awe in the eyes of the visitors whom, over the years, I have accompanied on this adventure. I, not being from Cilento, feel the same admiration for its dignified beauty, a beauty that moves the soul. And if it is true that Cilento was a land of emigrants, it means that some of its heart and its memories can be found in the places where its people ventured (like the Americas), with pain and hope, seeking a better life. 

Did they eventually find it? Who knows, but that’s a story for another time. 

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Una delle regioni d’Italia da cui partono molti emigranti in cerca di una vita migliore è la Campania, in particolare le sue aree rurali del sud, caratterizzate da piccoli borghi molto calati nelle dimensioni ma ancora ricchi di cultura, fascino e storie.

Uno di questi luoghi misteriosi e bucolici si chiama Cilento: scopriamone di più!

Se pensiamo alla Campania il pensiero corre subito a Capri, Sorrento o Positano; la loro pura bellezza è abbagliante e viene in mente subito in un itinerario. Eppure, se ci spostiamo più a sud, oltrepassando il golfo, troviamo il Cilento, una bellezza oltre la bellezza, tanto inaspettata quanto affascinante. Il Cilento si estende dalla provincia meridionale di Salerno fino al confine con la Basilicata/Lucania. Dalla costa tirrenica all’entroterra troviamo fiumi e valli, cime aspre come il Cervati e dolci colline sulla costa, fino alle grotte di Pertosa e Castelcivita.

Cielo, mare, terra.

Il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Monti Alburni è il secondo parco nazionale per importanza in Italia per la sua estensione e la straordinaria ricchezza di biodiversità e di specie autoctone. Il parco è meravigliosamente rappresentato dai suoi simboli: la lontra, che qui trova le giuste condizioni per la vita; oppure la primula Palinuri, un fiore che colora di un giallo delicato le scogliere a picco sul mare. Il suo nome ne riconosce la proliferazione nella zona di Palinuro, una delle perle più meridionali del Cilento.

Il Vallo di Diano è un fertile altopiano che si estende a circa 450 metri sul livello del mare, proprio al confine con la Basilicata. I Monti Alburni sono un imponente massiccio situato più a nord, nei pressi di Salerno, costituito da rocce calcaree e dolomitiche, che conferiscono al paesaggio un aspetto ancora più suggestivo. La parola “Alburni” deriva da alburno, bianco, che indica il colore chiaro della roccia, dovuto alla sua natura geologica.

L’etimologia della parola Cilento deriva dal latino Cis Alentum, paese su “questa” (“cis”) sponda del fiume Alento, o forse dal greco Cir Alintos, paese affacciato sul fiume Alento. La storia racconta che la zona vide la presenza sia dei Greci che dei Romani; in particolare, gli antichi Greci si stabilirono sulla costa e fondarono Poseidonia (oggi conosciuta come Paestum) ed Elea (oggi conosciuta come Velia), entrambe parte della Magna Grecia.

Per gli abitanti della zona, invece, Cilento significa semplicemente lento, come il vivere la vita senza fretta. Questo perché qui il tempo sembra non avere molta importanza, scorre a una velocità diversa. Il tempo, infatti, si comprende meglio esplorando paesini sonnolenti e godendo di paesaggi silenziosi, o osservando chi qui vive da sempre; lo si può gustare in tutti quegli angoli dove si sente il vento, e la natura regna ancora incontrastata in tutta la sua selvaggia bellezza. Forse è questo il motivo per cui il Cilento è entrato a far parte della rete mondiale MAB (uomo e biosfera) dell’UNESCO, che comprende aree protette dove l’uomo, con le sue attività, mantiene un equilibrio con la natura. In fondo, non è forse “l’armonia tra uomo e natura” lo scopo ultimo della creazione?

Ma anche la cultura è importante. Per comprendere meglio la realtà culturale, sociale e umana del Cilento bisogna considerare che, nei secoli passati, la costa era abitata dai Greci ma le aspre zone interne erano dominate dai Lucani, una belligerante razza italica con un patrimonio culturale profondamente diverso. Il contrasto tra le zone interne e la costa è ancora tangibile esplorando il Cilento in lungo e in largo, scoprendo i suoi inestimabili tesori storico-artistici, i suoi borghi antichi, le sue chiese e monasteri, tra cui la famosa Certosa di Padula. Allo stesso tempo, non si può non apprezzare l’anima “rurale” del luogo, con la sua radicata tradizione contadina: non si può ignorare che questa un tempo era terra di emigranti. Passeggiando per alcuni dei suoi villaggi – a volte fatiscenti, spesso orfani della maggior parte degli abitanti – ci si rende conto che i volti di chi è ancora qui raccontano una storia.

E allora nel Cilento tutto sorprende, dai chiostri medievali affrescati che impreziosiscono piccoli borghi sperduti nel nulla, agli abbeveratoi del secolo scorso che puntellano strade e piazze; dai villaggi fantasma, a volte custoditi da un unico, impavido abitante, ai numerosi ultracentenari, prova vivente di quanto sia salutare la dieta mediterranea, che qui venne studiata per la prima volta.

Per questo ho sempre trovato stupore negli occhi dei visitatori che, negli anni, ho accompagnato in questa avventura. Io, non essendo del Cilento, provo la stessa ammirazione per la sua dignitosa bellezza, una bellezza che commuove l’anima. E se è vero che il Cilento è stata una terra di emigranti, significa che un po’ del suo cuore e della sua memoria si ritrovano nei luoghi in cui la sua gente si è avventurata (come le Americhe), con dolore e speranza, alla ricerca di una vita migliore. Alla fine l’avranno trovata? Chissà, ma questa è un’altra storia.

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