“Il Brigantaggio non è che miseria, e miseria estrema, disperata”. (F.S. Sipari)
Il brigantaggio in Abruzzo e nell’Italia meridionale dopo l’Unità d’Italia, da tempo viene considerato dalla critica storica non in modo semplicistico, come una sollevazione contadina contro il potere economico e politico del nuovo Stato che si andava a costituire, ma come una realtà ben più complessa e articolata. 
 
L’origine del fenomeno a livello sociale può essere ricercata nella miseria e nei continui soprusi che il popolo contadino doveva sopportare da parte di pochi ricchi padroni. Un’altra causa  può essere individuata nelle illusioni che si erano andate nutrendo con l’unificazione nazionale e che lasciarono delusi i contadini e i braccianti  a causa della miope politica sabauda che spesso si limitò a trattare il Meridione come un territorio conquistato.  
 Fenomeno misconosciuto è quello delle brigantesse 

 Fenomeno misconosciuto è quello delle brigantesse 

 
Dalle popolazioni del sud dell’Italia e dell’Abruzzo in particolare, i piemontesi furono percepiti come dei conquistatori che andarono a sostituirsi ai Borboni nell’amministrazione di un potere che restava distante anni luce dalla realtà povera e umile con cui larghissimi strati sociali erano costretti a confrontarsi quotidianamente.
 
Sconcerto e delusione fomentarono ribellioni che il governo pensò di poter bloccare  in modo  duro con la legge marziale, e bagni di sangue. Sin dal 1861, gruppi formati da contadini, salariati ridotti alla fame e disertori dell’esercito si diedero al brigantaggio in forme primitive e disorganizzate attraverso furti, vendette e vandalismi.
 
Nacquero così pian piano le prime bande condotte da capi che divennero leggendari per la popolazione. Per combattere  il brigantaggio venne utilizzato l’esercito e all’inizio del 1870, la violenta repressione militare a cui tutto il meridione fu sottoposto, portò a conclusione il periodo del brigantaggio nel sud del paese, lasciando però irrisolti i grandi problemi che ne produssero poi l’arretratezza economica nei confronti del resto d’Italia.
 Le prime bande erano condotte da capi che divennero leggendari  

 Le prime bande erano condotte da capi che divennero leggendari  

 
“Abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli Italiani”. Con questa emblematica frase D’Azeglio  fa comprendere la situazione  dell’Italia e dell’Abruzzo negli anni immediatamente successivi all’unificazione della nostra Penisola. La maggior parte dei critici che si sono occupati di questo problema ritengono che il brigantaggio affondi le sue radici molto più indietro dal 1861  e  sia stato causato da fattori che già sussistevano nell’Italia Meridionale ancor prima dell’unificazione. 
 
Questa del brigantaggio fu una malattia che si aggiunse ad altre malattie e, come un’infezione , scoppiò per tutti quei problemi che l’unificazione d’Italia comportò. 
 
Certo la proclamazione del Regno d’Italia del 1861 non poteva identificarsi con la soluzione del problema dell’unità. Questa nobile idea di un ‘Italia unita, per la quale tanti alti spiriti avevano combattuto doveva concretizzarsi: era necessario passare dalla teoria alla pratica. E questo passaggio in tutti i campi, non è stato facile; tanto più in quel momento in cui l’Italia perdette l’unico suo figlio che avrebbe reso questo passaggio più facile: il 6 giugno del l861 moriva infatti il Conte di Cavour.
 
BRIGANTAGGIO ABRUZZESE – La miseria, la fame, le carestie, le pesti e l’inasprimento fiscale che attanagliavano la nostra gente favorirono l’accrescersi di compagnie organizzate di banditi che, nonostante leggi severissime, si facevano sempre più intraprendenti, saccheggiando paesi e castelli spesso si scontravano con truppe regolari ed erano queste ultime ad avere la peggio, soprattutto perché i capitani dei banditi erano assai di frequente ex-comandanti di compagnie di ventura che si avvalevano di gente malfamata e pregiudicata.  
 
Il fenomeno del brigantaggio nasce in Abruzzo fin dal 1500, con le imprese di Marco Sciarra.   
L’epoca di massima espansione del fenomeno si ebbe subito dopo la conquista, da parte dei Piemontesi guidati da Garibaldi, delle regioni del Regno di Napoli, ossia fra il 1860 e il 1870, quando, dopo l’iniziale entusiasmo, dell’unificazione iniziarono ad emergere i primi malcontenti. 
 
I Borboni avevano infatti dominato per secoli imponendo  uno  stato  protezionistico  e  assolutistico  e  molto  legato  al clero.   
I Piemontesi introdussero invece leva obbligatoria, leggi anticlericali, libero commercio ma anche nuove tasse.            
                                                                                                                              
La radice propriamente politica sembra esclusa in quanto nella nostra regione si trattò soprattutto di un fenomeno malavitoso, derivato comunque dal malcontento dei contadini che vivevano da secoli nell’indigenza e nell’ignoranza. L’andare alla montagna, l’essere costretto a nascondersi alla macchia fu per i nostri contadini una realtà di sempre, un modo per sfuggire alla giustizia dopo aver commesso un crimine e soprattutto la Majella, con le sue grotte, fitte faggete, valloni e precipizi, è stata al centro degli episodi più noti del Brigantaggio.    
                   
Il Brigantaggio in Abruzzo subito dopo l’unificazione, fu diverso a seconda dei posti e dei momenti. Vi erano anche briganti che combattevano per il ritorno dei Borboni ed erano da questi sostenuti, ma i briganti erano molto spesso delinquenti crudeli che passavano di paese in paese con le loro orde, uccidendo, saccheggiando ed allestendo macabre manifestazioni con i cadaveri degli uccisi.                         
 

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