Brisighella, deliziosa  località nella bassa valle del Lamone, vicino a Faenza nell’Appennino Tosco-Romagnolo, è un antico borgo medioevale e termale che si distingue per la spiccata vocazione all’ospitalità e al turismo sostenibile, tanto da essere inserito nel club dei “Borghi più belli d’Italia”  e certificato dal Touring Club Italiano con la “Bandiera Arancione”. E’ anche “Città Slow” e “Città dell’Olio e del Vino”. E’ il luogo ideale per un soggiorno dedicato alla riscoperta di emozioni perdute. Il paese è posto ai piedi di tre pinnacoli di gesso su cui poggiano la Rocca Manfrediana del XV secolo, la Torre detta dell’Orologio del XIX secolo costruita su un precedente fortilizio del 1290 e il Santuario del Monticino del XVIII secolo. 
 
Il borgo, composto da un dedalo di viuzze acciottolate, tratti di cinta muraria, scale scolpite nel gesso, racchiude l’antica Via del Borgo meglio nota come “Via degli Asini” per il ricovero che offriva agli animali dei birocciai, una strada sopraelevata e coperta illuminata da archi di differente ampiezza. A Brisighella, che ha dato i natali ad otto cardinali, numerosi sono gli edifici sacri. Su tutti spicca la Pieve di S. Giovanni in Ottavo o Pieve del Thò, suggestiva basilica in stile romanico. 
Incastonati nei gessi di Brisighella, a pochi chilometri dal paese, il Centro Visite di Cà Carnè e la Grotta Tanaccia rappresentano alcuni tra gli ambienti più belli del Parco Regionale della Vena del Gesso romagnola. Le numerose feste e sagre che si svolgono nel corso dell’anno contribuiscono a far conoscere i prodotti tipici, l’arte, la storia e l’architettura di questo luogo che conserva immutate tradizioni di fascino e bellezza.
 
Prodotto principe è l’olio extra vergine di oliva Dop “Brisighello”. Dall’antica razza suina autoctona, la carne di Mora Romagnola, lavorata in modo tradizionale, offre caratteristici salumi. Sulle argille dei calanchi cresce il piccolo e delicato Carciofo Moretto, da gustare crudo a strisce sottili, o conservato sottolio o prodotto in crema. La Strada del Sangiovese,  Strada dei Vini e dei Sapori delle Colline di Faenza è un percorso di delizie locali. 
L’entroterra brisighellese offre svariate possibilità per sport a contatto con la natura. Numerosi gli itinerari che attraversano questi caratteristici luoghi dell’Appennino faentino.  
 
Brisighella si trova nel territorio “Terre di Faenza”, un insieme di luoghi, città, borghi, tradizioni e cultura che interpretano al meglio lo spirito tipico della gente di Romagna. Le “Terre di Faenza” sono percorribili in un circuito ad anello che ne attraversa i sei Comuni: Faenza, antica città d’arte ceramica, Riolo Terme, custode di sorgenti termali che scaturiscono dai meandri della vena gessosa, Casola Valsenio, paese delle erbe e dei frutti dimenticati, la stessa Brisighella, tesoro di storia, arte e architettura, Castel Bolognese,  dove eleganti opere bronzee ingentiliscono preziosi angoli ed infine Solarolo, la collina che si fa pianura, luogo natale della cantante Laura Pausini.
 
Approfondiamo la conoscenza della pieve di San Giovanni Battista, comunemente chiamata  pieve Tho, che è senza dubbio il monumento più importante del territorio di Brisighella ed è “Monumento nazionale” dal 1908. 
Il nome Tho, o Ottavo, deriva dalla sua posizione nella via Emilia, trovandosi all’ 8° miglio da Faenza.  La bella chiesa romanica è la più antica pieve della vallata del Lamone. Da una bolla papale del 7 Dicembre 1143 risulta che la Plebs Sancti Johannis in Octavo era l’unica pieve esistente del territorio. Secondo una leggenda la pieve sarebbe stata fatta erigere dalla figlia di Teodosio, l’imperatrice Galla Placidia, sui resti di un tempio romano dedicato a Giove. La primitiva chiesa, andata distrutta, fu ricostruita in stile romanico nelle forme che possiamo ammirare oggi. Durante i restauri del 1934 fu ritrovata un’iscrizione in un capitello con la data MC, ed è quindi possibile che la ricostruzione della pieve sia avvenuta nell’anno 1100. In seguito a successivi scavi condotti nel 1951 sono stati rinvenuti la cripta e ulteriori locali sotterranei, ma non si è risolto il problema della datazione. 
 
La bella pieve, in mattoni a vista, è a pianta basilicale a tre navate, con archi a tutto sesto che poggiano sopra colonne di marmo grigio e una colonna di marmo di Verona. Le colonne sono diverse tra loro per spessore. La facciata, semplice e lineare, è costituita da materiale di reimpiego, tra cui mattoni romani. L’ingresso presenta un protiro centrale. Salendo sul presbiterio si possono ammirare affreschi quattrocenteschi raffiguranti gli apostoli San Pietro e San Matteo e la Vergine con il Bambino. Altri affreschi piuttosto rovinati, del 1500 rappresentano due angeli e Sant’Antonio Abate. Scendendo le scale si giunge all’affascinante cripta a oratorio, con pilastrini e colonnine usati come punti d’appoggio della volta a crociera, oggi caduta. Negli zoccoli delle colonne è possibile notare l’antico pavimento. Dalla cripta si può entrare nelle due stanze attigue dove, durante gli scavi archeologici eseguiti dal 1951 al 1962, sono stati ritrovati reperti antichi come frammenti di vasi, ceramiche e i resti di un frantoio per l’olio del  I secolo d.C. Questi reperti fanno supporre che la cripta non fosse usata solo per pregare. Anche l’imponente campanile, alto 21 metri e restaurato nel 1968, in origine probabilmente era una torre militare di guardia.

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