(Ph. Luca Ferrari)

Dalla voga in laguna alle vette delle Alpi Orientali. Attraversato di buon’ora mezzo Veneto, raggiungo la provincia di Belluno addentrandomi nel cuore del Cadore fino a rinfrescarmi con le acque del lago di Misurina (1752 m s.l.m.). Il richiamo delle Dolomiti, Patrimonio Mondiale dell’ Umanità, è più intenso che mai. Sono pronto. Deciso. Ispirato. Tre amiche speciali mi attendono. Tre dita di roccia.    Il loro nome è famoso in tutto il Mondo: le Tre Cime di Lavaredo.  La partenza è all’insegna della comodità, destinazione Rifugio Auronzo (2320 metri s.l.m.).   Sebbene la prima parte del tragitto passi attraverso una zona boschiva, si finirebbe comunque sulla via di accesso principale dove transitano macchine (previo pedaggio) e il più pratico Dolomiti Bus, su cui scelgo di accomodarmi. La strada è tutta asfaltata. Via via si fa più ripida. S’incontra qualche mucca. C’è anche un cartello che ne indica il possibile transito. Si sale lungo ampi tornanti. Imitando il gesto della logorroica hostess Claire (Kirsten Dunst) di Elizabethtown (2005, by Cameron Crowe) mimo con le mani (e sonoro) il gesto di uno scatto fotografico. 

 Sette km dopo aver lasciato le sponde lacustri, smonto ai piedi del Rifugio Auronzo, appartenente alla Sezione Cadorina del Cai (Club Alpino Italiano), situato sotto le pareti meridionali delle Tre Cime di Lavaredo.   Inizia la camminata. Prima tappa, il rifugio Lavaredo (2344 m.). Il cielo è azzurro fresco. Più che una gita è una passeggiata in piano-quota. Ciuffi d’erba verde sputano tra la cruda roccia. Insieme a loro, piccole macchie gialle di “bottoni d’oro” fanno concorrenza al sole. Passo dopo passo, si moltiplicano i tipici saluti tra gitanti. Prima di raggiungere il rifugio (una ventina di minuti complessivi), ecco la chiesetta della Madonna della Croda realizzata in ricordo del 12° Battaglione Bersaglieri. La gente si ferma. C’è chi curiosa.

  Chi dice una preghiera. Pochissimi metri più avanti c’è una lapide in memoria di Paul Grohmann (1838-1908), alpinista austriaco che conquistò moltissime vette tra cui la Marmolada, la Regina delle Dolomiti, nel 1864. Superata anche questa, ecco apparire il Lavaredo, posizionato a ridosso dell’omonima forcella e costruito nel 1954 dalla guida alpina Francesco Corte Colò “Mazzetta”, pioniere dei soccorsi in parete in Tre Cime nonché uno dei fondatori del Soccorso Alpino di Auronzo.    Proseguo spedito seguendo l’indicazione per il rifugio A. Locatelli sul sentiero 101, ancora un po’ sul piano. Poi attacca la salita. Il sole picchia. Le scarpe da trekking avanzano sopra pietrisco. Si fatica. Si procede lentamente senza strafare. Avanti così fino a una sorta di piccolo altopiano, raggiunto il quale irrompe la meraviglia delle meraviglie. Alle mie spalle ci sono le tre sorelle alpine più amate dagli escursionisti veneti (e non solo).   

Tre dita in dolomia rivolte al cielo. Sono le Tre Cime di Lavaredo (Drei Zinnen in tedesco), antico fronte bellico della I Guerra Mondiale. La più alta è Cima Grande, centrale (2.999 m). Al suo fianco Cima Piccola (2.857 m) e Cima Ovest (2.973 m). Pur essendo estate, lì dove l’ombra imperversa senza prestare confidenza ai raggi solari, la neve resiste. Un gigantesco lastrone regala ai bambini un impensabile e rinfrescante lancio-gioco di palle.    Proseguo. C’è una piccola pendenza, a tratti scivolosa. Il sentiero è comunque sicuro. Inizia un sali e scendi. Il paesaggio è sempre più imponente. I miei occhi continuano a voltarsi per cercare “quelle tre” e mirarle. Instaurando dialoghi dolcemente rarefatti. E loro, colossi millenari, silenziosi custodi di storie, aneddoti e segreti, rispondono con l’incanto.    Lascio un chiassoso gruppo superarmi. Scorgo il Locatelli (2450 m) in lontananza. Oggi può aspettare. Oggi può fare a meno di me. Resto da solo. Qui. Society, hope you’re not lonely without me…


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