Rigoletto si inserisce nel periodo centrale della produzione operistica verdiana e con Il Trovatore e La Traviata costituisce la trilogia popolare. L’opera venne scritta da Verdi su richiesta della direzione del Teatro la Fenice per l’inaugurazione della stagione del carnevale veneziano del 1851 e proprio al Teatro la Fenice di Venezia l’11 marzo 1851 fu rappresentata per la prima volta. L’argomento dell’opera, il cui libretto è di Francesco Maria Piave, è tratto dal dramma Le Roi s’amuse di Victor Hugo, che il Maestro considerava il più grande dramma dei tempi moderni. In scena, per interpretarlo, il baritono fiorentino Devid Cecconi che abbiamo intervistato:

Rigoletto è uno di quei titoli e personaggi “sacri” dell’opera: personalmente che cosa Le piace del “buffone di corte”?

Ciò che amo di Rigoletto è che si tratta dell’opera d’eccellenza per un baritono. Come sappiamo Verdi ha scritto molte opere per questo tipo di vocalità, in questo senso regala enormi soddisfazioni.

Come cambia (se cambia) l’impostazione della voce dalle scene allegre a quelle drammatiche?

L’impostazione della voce tecnicamente non cambia, essa rimane sempre nella stessa posizione. Ciò che cambia è l’accento, che varia a seconda degli stati d’animo che il personaggio vive nei vari momenti.

Quali sono gli “ingredienti” del ruolo dal punto di vista tecnico?

Si tratta di una tessitura abbastanza acuta, ma se il repertorio è adatto alla propria vocalità si riescono a superare le insidie della partitura. Bisogna avere facilità nel passaggio, negli acuti che la tradizione richiede, ma soprattutto padronanza del fraseggio e del legato, che deve essere sempre morbido per poter esprimere al massimo le mille sfaccettature che questo ruolo richiede.

Che cosa secondo lei dell’opera Rigoletto rimane sempre attuale e moderno?

Le emozioni. Quelle rimangono invariate, sono sempre le stesse all’epoca come oggi; cambiano i tempi e le mode ma i sentimenti degli esseri umani sono sempre gli stessi: amore, gelosia, tradimenti, vendetta.

Potrebbe riassumere la sua carriera in tre tappe per lei particolarmente significative?

La prima tappa, la vittoria del premio Battistini nel 2006. La seconda il mio debutto in Rigoletto al teatro Verdi di Trieste, sempre nel 2006. La terza tappa sicuramente la prima del Teatro alla Scala nella Giovanna d’Arco, il 7 Dicembre 2015.

Quali consigli hanno segnato la sua formazione?

Ho cercato di mettere a frutto tutte le esperienze fatte in questi anni, facendo tesoro di tutti i consigli che mi sono stati rivolti. Ho avuto la fortuna di incontrare grandi interpreti come Panerai, Bergonzi, Bartolini e tanti altri, ed ognuno di loro fa parte di uno splendido bagaglio che porto sempre con me e che mi ha aiutato ad esprimermi nei grandi ruoli che interpreto.

Cantare oggi l’opera dà più soddisfazioni o delusioni?

L’opera regala solo soddisfazioni, perché il canto è felicità; quando sei sul palco e canti non pensi al resto, alle preoccupazioni di ogni giorno. È solo soddisfazione personale ed emotiva calcare i palcoscenici calpestati dai più grandi cantanti del mondo.

Quali sono le maggiori difficoltà per chi vuole intraprendere questa carriera?

Ad elencarle sarebbero troppe! Se una persona è animata da una vera passione lo fa e basta. Bisogna provare e perseverare, se si è davvero motivati, nel profondo; perché se si analizzano le difficoltà a priori mai si inizierebbe un tale percorso. Il canto non è un lavoro è una dedizione, è la vita, lo si fa a prescindere, indipendentemente dal traguardo che si raggiungerà alla fine. Si canta perché non si può farne a meno, come respirare. 


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