Bill De Blasio, visto dall’Italia, cognome e nonni a parte, è molto più americano che italiano.
Non solo per la sua famiglia, la storia personale e i temi di cui si fa portavoce. La sua è una cultura estremamente americana, molto italo-americana e tipicamente newyorkese. 
 
Ma rappresenta uno dei tantissimi figli dell’emigrazione, una storia di integrazione andata a buon fine che racconta di una famiglia che in appena un paio di generazioni ce l’ha fatta, partendo da zero in un ambiente completamente diverso da quello di provenienza. E ricorda prepotentemente quell’American Dream dove vince ancora il self made man che crede nelle sue potenzialità, che offre ancora quell’opportunità di riscatto sociale e personale che avvolge, con un alone protettivo e mitologico, quell’immagine classica che fuori dagli Stati Uniti si ha della società a stelle e strisce.
 
Uno stereotipo che si coltiva dal 19° secolo e che dalla metà dell’Ottocento è entrato prepotentemente a far parte della cultura popolare internazionale, dal momento che non permea solo l’Europa ma abbraccia anche i Paesi asiatici che oggi costituiscono i gruppi più numerosi.
 
La sua è una storia più eclatante di altre di cui sono pieni gli Stati Uniti, se si considerano i milioni di emigranti italiani che come i suoi nonni partirono lasciandosi alle spalle tutto per tentare la fortuna oltreoceano. 
 
Storie spesso anonime che però intessono le numerose comunità italo-americane che compongono il frastagliato e variegatissimo mondo di chi ha qualche radice nel vecchio continente.
 
Storie che in questo mese proponiamo nella sezione Heritage. Storie che L’Italo Americano invita a raccontare. Chi vuole può descrivere la sua “avventura di emigrazione” e spedirla a letters@italoamericano.com così da poterla pubblicare contribuendo a narrare la storia delle identità che compongono la nostra comunità italoamericana.

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